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Musica per film: quanto è utile iscriversi al Conservatorio?

23-02-2022 09:00

Chiara Maria D'Angelo

Consigli, Composizione, Musica, Musica per film,

Musica per film: quanto è utile iscriversi al Conservatorio?

"Da dove comincio". Questa è la prima frase che si insinua nella mente di chi è stato colpito dal mondo musicale che si cela dietro alle immagini di ogni film.

«Da dove comincio». Questa è la prima frase che, come un tarlo, si insinua nella mente di chi è stato colpito irrimediabilmente o, come si dice a Roma, “c’è rimasto sotto” nel mondo musicale che si cela dietro alle immagini di ogni film. Beh, io «ci so’ proprio restata sotto». La musica ha mille facce e abbraccia talmente tanti spazi che bisogna scegliere con attenzione dove imbarcarsi. È come l’oceano. Se vuoi pescare il tonno rosso devi partire dal Mar Mediterraneo. Così è iniziato il mio viaggio.

Il Conservatorio: un percorso classico

Ho sempre vissuto con la musica, ho iniziato da piccola lo studio del pianoforte e del canto corale all’Accademia di Santa Cecilia. La polifonia vocale e la possibilità di essere diretta da grandi Maestri e cantare accompagnata dalle migliori orchestre mi ha letteralmente aperto l’udito. Ero solo a liceo, ma la mia testa era piena di suoni diversi e ritmi che si incastravano e non capivo con quale artificio venissero cuciti. Volevo poter muovere i suoni e dargli una forma, un’immagine fisica. La mia voglia di fare musica era tanta quanto la mia confusione. La mia insegnante di pianoforte, a conoscenza delle mie turbe e della mia necessità di comunicare attraverso la “mia” musica, mi ha subito indirizzata dal suo Maestro di composizione del Conservatorio.

 

Questa esperienza è durata due anni, il tempo necessario per il mio ingresso trionfante nella classe di Composizione del triennio. Le aspettative, poi, sono calate come le tenebre. Passato l’esame di ammissione, ho intrapreso il percorso di studi classici della composizione; o meglio ho avviato la battaglia per dar voce al mio infervorante amore per la musica per film. Improvvisamente, mi sono trasformata nel tonno rosso. Incastrata tra le reti di un sistema chiuso e vecchio, in cui la figura femminile è ancora relegata all’immagine della cantante o, se le va bene, a quella di mera esecutrice. Mi sentivo soffocare, eppure attorno a me avevo manuali e conoscenze a cui solo chi nuota nei conservatori può attingere.

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Conoscere è importante ma non è tutto

È inutile negarlo: Il Conservatorio è la bussola e al contempo il timone che ti permette di esplorare il mare della conoscenza musicale. A volte mi sentivo come al supermercato, quando non hai la lista della spesa: interi reparti pieni di prodotti e con un’infinita possibilità di scelta. Riempi il carrello, paghi, arrivi a casa e svuoti i mille sacchetti strabordanti di roba ma ti rendi conto che non hai la ben che minima idea di cosa poterci fare. Nessuna ricetta, davanti a te; hai solo singoli prodotti da mangiare singolarmente. Nella mia testa echeggiavano le solite frasi: «Questo lo so», «Sì, questo lo so fare», «Avoja, che ci vuole, questo pure». Il mio cervello aveva incanalato, assimilato e appreso eppure il mio cuore aveva smesso di battere euforicamente. Più il Conservatorio mi formava e più la creatività mi divorava, più il desiderio di un riscontro rimaneva inespresso.

 

Così, mi sono fatta coraggio e ho ribadito al mio docente il mio interesse viscerale per la composizione applicata alle immagini: gli ho mostrato il corto per il quale avevo composto la colonna sonora e ho ricevuto come risposta il silenzio. Un silenzio glaciale, seguito poi da battute legate al basso valore tecnico e musicale presente nelle colonne sonore (John Williams, perdonalo non sa quello che dice). A tal proposito si può aprire una discussione interminabile che sarò felice di affrontare in seguito. Ho continuato a navigare fin quando mi sono resa conto che al posto di approdare sull’iceberg della conoscenza mi ci stavo scontrando come il Titanic.

Io sulla mia scrivania, accanto alla tastiera, davanti a un monitor che proiettava film e casse che diffondevano musiche non mie, ho deciso di trovare qualcuno che mi aiutasse a districare il gomitolo della mia esperienza accademica e lo rendesse la mia via di fuga. Ho deciso di affidare questo compito a un Master di musica applicata alle immagini organizzato da un altro conservatorio. Fallimentare è un eufemismo. La preparazione tecnica e il valore del corso è inenarrabile, ma c’è un perché. L’accesso ai Master è aperto a tutti coloro che hanno una laurea; questo, in particolare, è aperto a tutte le lauree di ogni genere e titolo. Pertanto, se da un lato c’ero io, tutta impettita, con una preparazione accademica e con l’obiettivo di specializzarmi, dall’altro partecipavano studenti che non sapevano come fosse strutturata un’orchestra. La speranza di stare saldamente in piedi sul trampolino di lancio per l’acquisizione di contatti con registi esordienti è morta sul nascere.

 

Fortunatamente ogni esperienza insegna qualcosa, e questa mi ha insegnato a diffidare di ogni corso che non sia specifico e selettivo nell’ammissione dei propri studenti. Da pescatrice a tonno, da tonno a naufraga dispersa. La mia incessante ricerca del Maestro, come se questa figura fosse la chiave di lettura per il mio hard-disk saturo di informazioni, è cessata nel momento in cui ho estromesso dal mio pensiero la parola “Maestro”. Disprezzavo il Conservatorio per il suo sistema vecchio ma io stessa ne ero parte integrante. Gli studi accademici avevano modificato la mia forma mentis. Improvvisamente, come una lampara nel mare di notte, l’illuminazione: «devo trovare un compositore/una compositrice che lavori nell’ambiente da seguire, osservare, da cui trarre la conoscenza pratica che mi manca». Dopo anni, i respiri corti e di ansia si sono trasformati in un respiro profondo, di sollievo. Ho trovato il mio filo d’oro.

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Apprendere attraverso l'imitazione

Ripercorrere le orme di chi ha già attraversato percorsi uguali o simili ai nostri ci permette di creare un nostro sentiero, privo di quelle recinzioni istituzionali che non valorizzano le conoscenze interiorizzate. Ecco, finalmente, la seconda risposta alla domanda di partenza: da dove comincio? Dall'apprendere attivamente, attraverso l’osservazione e l’imitazione. Essere l’ombra o l’assistente di un filmscore composer è fondamentale per imparare a destreggiarsi a livello pratico con i fondamenti teorici dell’orchestrazione, strumentazione e armonia. Ci insegna a gestire il rapporto con i vari committenti (i registi) e, soprattutto, a interagire con l’immagine.


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